Matteo Renzi si dichiara disposto a venire incontro alle richieste di più risorse per gli ammortizzatori sociali. E, soprattutto vuole alleggerire la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con il reintegro in caso di licenziamenti discriminatori o disciplinari.
A spingere il Premier verso le modifiche sui licenziamenti che stanno portando alla mediazione sono gli scontri in piazza, le contestazioni, e l’intenzione di non trasformare il lavoro in un campo di battaglia: subito l’accelerazione e l’approvazione del Jobs act da parte della Camera. E, soprattutto, sì all’antica richiesta della minoranza: il governo, si dichiara adesso disposto a inserire nel Jobs act l’accordo raggiunto a inizio ottobre nella Direzione del Pd: «Nella legge delega», spiegano a palazzo Chigi, «si potrà introdurre una maggiore specificazione delle fattispecie per il reintegro in caso di licenziamenti disciplinari o discriminatori».
La correzione in corsa del Jobs act porterà con sé la necessità di un nuovo passaggio della legge delega in Senato. E visto che Renzi non ha intenzione di spostare la dead line fissata per il 1 gennaio, per forza di cose non viene escluso il ricorso al voto di fiducia.
Non contro la minoranza , come inizialmente era stato messo in conto. «Ma solo in caso di ostruzionismo dei Cinquestelle. E comunque sul testo approvato dalla Commissione, senza prove di forza». Non manca un avvertimento al Ncd che frena l’intesa, puntando su una riforma più dura: «Alfano non dimentichi che gli abbiamo appena confermato la fiducia dopo le cariche di Roma contro la Fiom».
Le Aziende hanno la possibilità di assumere a tempo indeterminato con contratti a zero contributi, e possono contare anche sui tirocini formativi per avvicinare il lavoro alle Imprese.
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